Esseri sociali online: abbiamo una maschera?

Oramai i social network hanno un’importanza cruciale nella vita odierna. Sono diventati luoghi di incontro e di ritrovo, posti dove trovare opportunità lavorative e dove poter anche lavorare. 

Ma è cambiata l’interazione tra noi esseri umani? 

Il sociologo canadese Erving Goffman può aiutarci in questa analisi: una delle teorie più famose ed importanti dell’autore è quella della vita quotidiana come rappresentazione. L’autore sostiene che la vita di ogni  individuo sia una rappresentazione teatrale e che, quando interagiamo con qualcuno, stiamo interpretando un ruolo specifico.

Pensateci un secondo: quando vi rivolgete ad un medico o ad un amico usate un linguaggio diverso, vi comportate in modo differente, in sostanza state interpretando due ruoli sociali diversi.

Per chi è più familiare con la letteratura italiana, questo concetto di Goffman ricorda per molti aspetti quello della maschera di Luigi Pirandello. L’autore italiano infatti sostiene che l’essere umano interagisca con gli altri tramite una maschera che cambia a seconda delle situazioni. 

Goffman usa la struttura del teatro per spiegare la società:  Il palcoscenico è il luogo dove interagiamo, dove stringiamo legami e dove avviene il nostro agire sociale, mentre le quinte sono il nostro spazio privato, chi siamo quando siamo soli. 

Attenzione: nel momento in cui interagiamo con qualcuno recitiamo un ruolo, nonostante sia un familiare o l’amore della vita. Non importa quanto il legame sia stretto, stiamo impersonando un attore.                                             

Il sociologo non vede in maniera negativa questo dualismo della persona, sostiene solo che la società è costruita in questa maniera per sua natura.

Immaginate di comportarvi nello stesso modo in tutte le situazioni, sarebbe un suicidio per la vostra socialità. 

È doverosa fare una precisazione: nella visione comune, avere una maschera ha una accezione negativa, avere una maschera è visto come sinonimo di falsità, come se si stesse nascondendo la vera persona. In Goffman non c’è questa visione, poiché l’autore sostiene che sia  semplicemente la natura stessa degli esseri umani. È semplicemente la natura e non la volontà di nascondersi dietro una maschera. 

Fino ad ora, però, abbiamo parlando di interazioni nel mondo “fisico”.  

Goffman ha realizzato questa teoria nella  metà del 900 quindi non poteva trattare il mondo digital, ma comunque possiamo usare la sua teoria  per studiare il mondo contemporaneo

Nei social network abbiamo una minore divisione dei luoghi: è possibile, infatti,  che i nostri post vengano visti  sia colleghi che da amici, mostrando la stessa maschera a due gruppi diversi. 

Dunque è possibile  incorrere in una sovrapposizione di maschere e tendere  ad usare lo stesso registro linguistico e gli stessi comportamenti in maniera indiscriminata da chi osserva i nostri post. Facciamo vedere la stessa versione di noi stessi a persone diverse. 

Per evitare spiacevoli ripercussioni, alcuni social network si sono offrono la possibilità  di differenziare i gruppi di persone che possono vedere determinati  post. 

Uno dei primi social network che ha introdotto questa funzione è Google+, il quale, dopo la creazione del post,  chiedeva a quale cerchia   (gruppi di persone da te divisi in base al rapporto sociale dagli amici stretti ai rapporti lavorativi), avrebbe dovuto  Renderlo visibile.

Anche Facebook  permette di farlo,  ma in maniera meno diretta e semplice rispetto al  social network di Google.

 Come non nominare le famose storie verdi di Instagram: in questo social è possibile creare un gruppo di amici stretti con i quali puoi condividere stories esclusive. 

Consiglio caldamente di usare queste opzioni: come sostiene Goffman siamo persone diverse in base a chi abbiamo di fronte ed è conveniente per noi dividere in cerchie chi può vedere i nostri post. Considerate anche il fatto che sempre più datori di lavoro, prima di fare un colloquio o di assumere una persona, fanno  una ricerca online: siete sicuri di volere  che i vostri potenziali datori di lavoro  vedano ogni post?

Un’altra metafora comune è quella della camera da letto in vetro (the glass bedroom). 

Il nome è molto esplicativo: la camera da letto è una tra le stanze più private e dove ci si sente più sicuri da occhi indiscreti, ma se le pareti fossero di vetro non ci sarebbe privacy. 

Nei social network tendiamo a condividere informazioni personali, che probabilmente non vorremmo  che uno sconosciuto sapesse: è necessario tenere in conto non solo l’aspetto “social” della faccenda, ma anche la sicurezza dei dati e della privacy. 

Sostanzialmente possiamo dire che nel mondo digital le divisioni tra i ruoli interpretati diventano più labili, meno stabili, con ripercussioni sia positive che negative sulla reputazione e sulla socialità in generale. Il consiglio che voglio ribadire in conclusione è che bisogna essere consapevoli dell’uso che facciamo dei social network e che il mondo digitale ha comunque delle ripercussioni sul mondo reale. 

Lo schermo del pc o dello smartphone non è un buono scudo per difendersi!

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