L’emergenza sanitaria e le conseguenti misure di sicurezza imposte dal governo hanno messo alla prova gli italiani, che si sono ritrovati a dover reinventare la propria quotidianità all’interno delle mura domestiche. La rapidità con cui si sono evoluti gli eventi ha sconvolto ogni settore, rendendo necessaria l’introduzione di metodi e mezzi alternativi. Non manca all’appello la scuola, che ha risposto al lockdown con la didattica a distanza.
La particolarità di questa situazione ha portato a riflettere su questo tipo di formazione. Di letteratura in merito ne esiste già da tempo, ma il generale impaccio con cui la scuola ha approcciato a questo sistema ha dimostrato la scarsa considerazione dedicata al mezzo finora. Forse la colpa è da imputare ad una diffusa diffidenza nei confronti della tecnologia applicata all’educazione, d’altra parte non è difficile immaginare come il mondo digitale assumerà un ruolo sempre più determinante nelle nuove generazioni; alla luce di ciò dovrebbe essere decisamente superato il quesito se sia opportuno o meno l’utilizzo di essa, è anzi più sensato elaborare metodi e strategie che permettano di sfruttarne al massimo il potenziale e che ne legittimino il ruolo decisivo, già in parte confermato durante il periodo di lockdown.
Nonostante la presenza capillare della tecnologia, ad oggi non è ancora possibile assicurare la totale inclusione degli studenti in questo tipo di educazione. Il dato preoccupante fornito dal Censis rivela come in realtà solo l’1% delle scuole non abbia riscontrato la necessità di aiutare gli studenti con la dotazione di dispositivi adeguati alla didattica a distanza. A questo si aggiunge poi l’ostacolo delle competenze informatiche lacunose che tocca una parte degli studenti, ma che riguarda soprattutto i docenti. Questi ultimi, perlopiù over 55, rimangono ancorati ai metodi di insegnamento tradizionali, opponendo una ferma resistenza alle possibilità offerte dall’innovazione tecnologica.
Per quanto riguarda la formazione primaria e secondaria, l’insegnamento a distanza non può essere pensato come sostituto per la didattica in presenza, ma può sicuramente svolgere un ruolo integrativo. La pluralità di stimoli diversi scaturita dai mezzi tecnologici può essere causa di un calo dell’attenzione da parte degli scolari, se non inseriti in un contesto gestito da una figura competente. Inoltre, la costruzione dei rapporti interpersonali che avviene nel contesto scolastico, sia docente-alunno, ma anche alunno-alunno è una parte fondamentale e imprescindibile della formazione e non può chiaramente avvenire con la stessa consistenza nel caso della didattica a distanza. Col senno di poi si potrà riflettere anche su come le norme prossemiche dettate dall’emergenza Covid-19 abbiano impattato nell’ambito scolastico e sul complesso discorso psicologico che accompagna l’educazione.
Altra questione rappresentano le università, o, più in generale, tutta la formazione che non rientra nella scuola dell’obbligo: sono già numerosi gli esempi di atenei che permettono il conseguimento della laurea in modalità telematica o di corsi di formazione professionale che si affidano a questo mezzo. Ciò non toglie che la grande maggioranza degli studenti universitari si sia anch’essa dovuta interfacciare per la prima volta con la modalità di apprendimento a distanza.
Nonostante il contesto universitario differisca largamente da quelli fin qui trattati, la ridefinizione delle dinamiche di insegnamento ha messo alla prova i laureandi della generazione covid. In primis, le modalità di lezione erogate dai docenti sono state varie (ad esempio videolezioni attraverso piattaforme come Google Meet o Microsoft Teams, slides con commento audio allegato oppure videolezioni preregistrate) e rimodulare improvvisamente l’approccio ad ogni materia ha disorientato molti studenti. La penalizzazione più grande viene però individuata nelle procedure degli esami a distanza, che sono spesso indefinite, ma quando attuate hanno messo in difficoltà gli studenti che non possono usufruire di un’adeguata connessione a internet o di dispositivi adatti. Inoltre, il muro rappresentato dalla distanza ha svantaggiato gli alunni psicologicamente fragili, innescando una reazione di rifiuto nei confronti di questa modalità di valutazione. Gli studenti universitari, come altre categorie, sono stati tra i grandi dimenticati durante questo periodo e navigano tuttora nell’incertezza.
L’apprendimento a distanza, come già accennato, comprende anche una larga fetta di corsi professionali e specializzanti che esulano dal discorso scolastico. Questi esistono da diversi anni e mirano ad una formazione cucita sulle esigenze di chi ne usufruisce. Ferme restando l’affidabilità e la professionalità della piattaforma e-learning a cui ci si iscrive, sono molte le possibilità che vengono offerte. Naturalmente il poter svolgere lezioni in maniera flessibile rispetto ai propri impegni è fondamentale, tuttavia non bisogna dimenticare l’importanza di poter imparare con l’ausilio e il supporto di figure preparate e competenti. L’insegnamento online nato per essere tale raccoglie la richiesta latente soprattutto di coloro che sarebbero impossibilitati a partecipare in presenza e sfrutta le tecnologie per soddisfarla, escogitando una competenza di insegnamento ad hoc.
Il dibattito intorno a questo argomento è vasto e in continuo mutamento poiché se le tecnologie si evolvono, i modi di approcciarvisi sono a loro volta esponenziali. Il discorso mette in campo svariate discipline, a partire dalla psicologia, la sociologia, l’informatica, fino ad arrivare naturalmente alle scienze dell’educazione. Certamente l’esperienza imposta dal Covid-19 è il punto di partenza dal quale avviare una valutazione circa l’efficacia della formazione a distanza e l’impatto che ha avuto sia negli alunni che nel corpo docente. Ci si augura che questa situazione non venga confinata entro il perimetro di evento traumatico, ma che stimoli anzi una riflessione di ampio respiro.