Doppiaggio o sottotitoli? Una questione (soprattutto) linguistica

Analisi sull’attuale situazione del doppiaggio italiano. Cosa spinge i giovani a puntare tutto sui sottotitoli, perché si attaccano gli aspetti sbagliati e cosa possiamo fare per creare un dialogo costruttivo.

Fin dalla sua nascita, il doppiaggio italiano è sempre stato visto come inimitabile, perennemente eccellente e mai criticabile (se non in rarissimi casi).

“I doppiatori italiani sono i migliori al mondo!”. 

Quante volte abbiamo sentito queste parole? 

Un pensiero collettivo dominante che, veritiero o no, non ha mai lasciato spazio ad una genuina discussione nei confronti di questa disciplina, creando intorno ad essa una barriera impenetrabile.

Tuttavia, i tempi e le idee cambiano, e, con la diffusione di internet, questa barriera ha cominciato progressivamente a frantumarsi.

Meglio i sottotitoli?

Dai primi anni 2000 si è fatta largo una certa tendenza, soprattutto fra i giovani, che hanno cominciato a beffarsi dei prodotti doppiati: la visione di opere in lingua originale sottotitolate; resa possibile prima dal download e dallo streaming illegali e successivamente dalle moderne piattaforme come Netflix e Prime Video, attraverso le quali tre click ti permettono di modificare audio e sottotitoli, creando svariate combinazioni.

Una tendenza che ha generato e plasmato nel tempo un’accanita comunità anti-doppiaggio, facilmente riscontrabile tra i fan dei cartoni animati giapponesi (anime), spesso in prima linea a difendere i loro prodotti preferiti.

Ovviamente internet ci ha messo del suo, accentuando i caratteri estremisti di questo fenomeno, regalandoci una guerra della quale non sentivamo il bisogno e lasciandoci in mezzo al fuoco incrociato di due fronti:

  1. Chi continua ad elogiare il doppiaggio senza battere ciglio.
  2. Chi fa di tutto per evitarlo, arrivando persino a odiarlo.

Prima di decidere quale tra le due correnti abbia ragione (spoiler: nessuna) è bene fare qualche distinzione, che ci permetterà di contestualizzare alcune incomprensioni e diatribe.

Doppiaggio? No, adattamento!

Il più delle volte, le critiche a questo settore, spesso orientate verso la (presunta) scarsa fedeltà dei dialoghi doppiati nei confronti dell’originale, non sono rivolte al doppiaggio in sé, ma verso un lavoro che viene eseguito anteriormente: traduzione e adattamento.

Doppiaggio e adattamento, infatti, sono due aspetti completamenti diversi, seppur collegati fra loro. Due fasi portate avanti da figure (quasi) sempre differenti e con competenze piuttosto distinte.

Il doppiaggio, realizzato dai doppiatori, è l’operazione mediante la quale si sostituisce il sonoro di un prodotto audiovisivo con un altro sonoro tradotto. Professionalmente, un prodotto non può essere doppiato se prima non viene tradotto e adattato.

L’adattamento, invece, è essenzialmente il processo attraverso il quale si manipola la prima, semplice traduzione grezza e letterale, in base a vari fattori:

  1. In base al pubblico di riferimento (infantile, adulto ecc.)
  2. In base alle caratteristiche culturali del pubblico di riferimento: diverse lingue fanno parte di realtà culturali del tutto diverse, perciò, a volte, sono necessarie modifiche sostanziali per rendere il tutto comprensibile “alla nostra cultura”.
  3. In base alla sintassi della lingua.
  4. In base alla lunghezza delle battute dei personaggi, tenendo anche conto del labiale.

Tecnicamente parlando, anche la traduzione letterale è, di per sé, un adattamento (qui per approfondire).

A causa di questi ed altri aspetti, il risultato finale può essere molto simile all’originale, ma anche molto diverso, e subentrano non solo aspetti tecnici ma anche personali, di ogni singolo individuo.

La maggior parte di queste critiche, dunque, ha poco a che fare con il doppiaggio vero e proprio, ma sfocia nel cosiddetto campo traduttivo-linguistico.

Ma in giapponese è diverso!

Come abbiamo fatto intendere prima, l’adattamento non è una scienza esatta: è un insieme di elementi sovrapposti e mescolati fra loro,che porta ad un risultato sempre diverso, anche in base a chi esegue il lavoro. 

Un concetto che sentiamo spesso nominare, dal quale deriva una gran mole di critiche, è quello della fedeltà all’originale, che sicuramente ha un senso, ma che viene del tutto deviato portando alle pretese più assurde. Un concetto talmente ampio e complesso che è persino difficile da definire, anche e soprattutto perché può riferirsi a diversi soggetti: fedeltà a chi? Al prodotto? All’autore? Alla cultura d’origine?

A riguardo, è abbastanza recente la rivolta internettiana causata dal (non) adattamento dell’anime Neon Genesis Evangelion ad opera del dialoghista Gualtiero Cannarsi (approfondimento). Uno spiacevole episodio che ha causato danni enormi, sufficientemente forte per far capire anche ai critici più feroci a cosa può portare la cieca adorazione verso questa irraggiungibile fedeltà.

È facile dimenticare che la maggior parte delle pellicole, delle serie e dei cartoni animati sono distribuiti per un pubblico molto vasto e variegato. Di conseguenza il prodotto finale deve essere accessibile a questo pubblico.

Sarebbe controproducente sia per gli autori originali, sia per i traduttori coinvolti, adattare qualcosa concentrandosi eccessivamente su questa fantomatica fedeltà. Il risultato potrebbe essere qualcosa di estremamente complesso, sbagliato ed esclusivamente adatto ad una fetta di pubblico elitaria.

Cosa si può fare

Ovviamente non esiste una ricetta. È necessario lavorare collettivamente per migliorare la consapevolezza attorno a questo mezzo potente, che permette a tutti di godere di qualsiasi opera, senza l’ostacolo dei sottotitoli e degli svantaggi che questi portano alla visione.

Da un lato, ricordando che tutto è criticabile in questo mondo, bisognerebbe interrogarsi per capire cosa spinge i giovani a guardare una serie tv sottotitolata piuttosto che una doppiata. È colpa dell’industria? È colpa dei lavoratori? I giovani vogliono imparare le lingue? 

Dall’altro lato, sarebbe bene cominciare ad abbassare un po’ la guardia verso questa ossessione per la fedeltà linguistica e culturale all’originale, che può creare seri danni e indirizzarci attraverso una via impercorribile. Una delle possibili soluzioni: insegnare le basi della traduzione e dell’adattamento nelle scuole dell’obbligo, per rimarcare questioni fondamentali e anche piuttosto semplici.

Qualcuno pensi ai videogiochi!

Menzione speciale va fatta per il mondo videoludico, che ha sofferto a lungo lo scarso impiego di vere figure professionali del settore del doppiaggio.

Molti giocatori prediligono ancora l’utilizzo dell’audio originale più per una questione di diffidenza, che per sottovalutazione del doppiato, in un paese che è ancora, culturalmente e artisticamente, molto indietro nei confronti di questo mezzo.

Ciononostante, le grandi produzioni in primis stanno facendo enormi passi avanti, impiegando sempre più risorse e affidandosi a figure professionali che permettono un salto di qualità notevole.

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